Il cambiamento in atto nei confronti della corruzione in Italia è sempre più anche culturale: negli ultimi anni sono infatti aumentate esponenzialmente le segnalazioni riguardanti illeciti avvenuti sul luogo di lavoro, un segnale della crescente propensione a denunciare reati e irregolarità, favorita anche dalle speciali tutele introdotte nel 2017 per evitare ritorsioni e discriminazioni. ANAC ha pubblicato un interessante rapporto sulla corruzione in Italia nel triennio 2016-2019.

L’ interessante rapporto dell’Autorità Nazionale Anticorruzione dal titolo “La corruzione in Italia 2016-2019”, recentemente pubblicato, espone un quadro dettagliato, benché non scientifico né esaustivo, delle vicende corruttive nella Pubblica Amministrazione e ne evidenzia dislocazione geografica, contropartite, enti, settori e soggetti coinvolti.

 Lo studio si basa sull’esame dei provvedimenti emessi dall’Autorità Giudiziaria nell’ultimo triennio Agosto 2016 – Agosto 2019. Tali indagini penali ci permettono di fornire un quadro dettagliato delle recenti vicende corruttive italiane, mettendo in luce i fattori che agevolano la diffusione degli illeciti e identificando alcuni indici sintomatici di possibili comportamenti corruttivi.

Nel periodo oggetto dello studio sono state riscontrate 117 ordinanze di custodia cautelare per corruzione (una ogni 10 giorni) e i 152 casi di corruzione evidenziati da provvedimenti della magistratura (uno ogni settimana).

 Dall’analisi di tali ordinanze e provvedimenti, è emersa la fotografia sotto riportata.

Dislocazione geografica – Geograficamente, le aree più colpite risultano essere le regioni del Centro-Sud, prima tra tutte la Sicilia (28 casi, 18,4% del totale), seguita da Lazio (22 casi), Campania (20 casi), Puglia (16) e Calabria (14). Si evidenzia come i casi nella sola Sicilia siano di poco inferiori alla somma dei casi in tutte le regioni del Nord (29 in totale), mentre come per le regioni di Friuli-Venezia Giulia e Molise non siano stati riscontrati casi nel periodo in esame. La regione del Nord più colpita risulta essere la Lombardia, con ben 11 casi totali. 

“Settori” della corruzione – Dei totali 152 casi di corruzione, 113 (74%) sono legati all’assegnazione di appalti pubblici, mentre i rimanenti 39 (26%) sono legati a procedure concorsuali, procedimenti amministrativi, concessioni edilizie, corruzione in atti giudiziari, etc.

Della prima categoria, il 40% (61 casi) riguarda il settore dei lavori pubblici, che comprende anche interventi di riqualificazione e manutenzione di edifici, strade, messa in sicurezza del territorio, etc. A seguire, il 22% (33 casi) riguarda il comparto del ciclo dei rifiuti e il 13% (19 casi) il comparto sanitario. 

Modalità della corruzione – Ciò che emerge dal rapporto dell’ANAC è una maggiore attenzione da parte dei soggetti coinvolti in espedienti di corruzione verso le modalità operative con cui avvengono gli illeciti ed un adeguamento delle associazioni criminali alle modalità di scelta imposte dal contraente per l’assegnazione delle commesse. Infatti, solo 20 casi su 113 (18%) hanno riguardato affidamenti diretti, mentre nei rimanenti casi (82%) l’assegnazione degli appalti è avvenuta mediante procedure di gara.

Per le commesse di maggiore valore, si è spesso assistito a una strategia di turnazione tra le aziende e formazione di veri e propri cartelli, mentre per quelle di minore entità la strategia prevalente è quella di coinvolgimento e condizionamento dei bassi livelli dell’amministrazione (es. direttore dei lavori) per intervenire a livello di svolgimento dell’attività appaltata. 

Ma quali sono gli elementi cardine indicativi delle vicende corruttive? I casi di costruzione esaminati nel rapporto hanno portato alla luce alcune peculiarità che potrebbero essere assunte come importanti indicatori di ricorrenza del fenomeno:

  • Illegittimità gravi e ripetute in materia di appalti pubblici (es. affidamenti diretti ove non consentito, abuso della procedura di somma urgenza, gare mandate deserte, ribassi anormali, bandi con requisiti funzionali all’assegnazione pilotata, presentazione di offerte plurime riconducibili ad un unico centro di interesse);
  • Inerzia prolungata nel bandire le gare, al fine di prorogare ripetutamente i contratti ormai scaduti (soprattutto nel settore dello smaltimento rifiuti);
  • Assenza di controlli nell’esecuzione di opere pubbliche;
  • Assunzioni clientelari;
  • Illegittime concessioni di erogazioni e contributi;
  • Concorsi svolti sulla base di bandi redatti su misura;
  • Illegittimità nel rilascio di licenze in materia edilizia o nel settore commerciale;
  • Illeceità in procedimenti penali, civili o amministrativi, al fine di ottenere provvedimenti di comodo.

Le amministrazioni coinvolte – Dal rapporto emerge come i Comuni siano gli enti pubblici più soggetti a rischio di corruzione, annoverando 63 dei 152 casi totali nel periodo in esame (41%), seguiti da società partecipate (24 casi, 16% del totale), Aziende sanitarie (16 casi, 11% del totale).

Gli indagati più colpiti risultano infatti essere Dirigenti (22% degli indagati totali) e funzionari e dipendenti pubblici (22%), seguiti da sindaci (10%) e consiglieri, assessori (7%) e commissari di gara (7%). In totale, nel periodo in esame, risultano essere 207 i pubblici ufficiali/incaricati di pubblico servizio indagati per corruzione.

L’analisi evidenzia come le forme di condizionamento dell’apparto pubblico più estese e pervasive si registrino prevalentemente a livello locale, specialmente al Sud, secondo forme di penetrazione capillare nel tessuto sociale, economico-imprenditoriale, politico e istituzionale.

Il “prezzo” della corruzione – Interessante è come la contropartita economica, la cosiddetta tangente, abbia perso importanza nelle recenti vicende corruttive, pur continuando a essere presente nel 48% delle vicende esaminate, data anche la difficoltà di occultamento delle somme illecitamente percepite.

Dall’analisi sono emerse nuove e più pragmatiche forme di corruzione, contropartite principalmente legate al posto di lavoro quali assunzione di coniugi, congiunti o soggetti legati al corrotto, assegnazione di prestazioni professionali, consulenze, regalie. Ricorrenti sono anche benefit di diversa natura (benzina, pasti, pernotti) e ricompense di varia tipologia (ristrutturazioni edilizie, riparazioni, servizi di pulizia, trasporto mobili, lavori di falegnameria, giardinaggio, tinteggiatura e talvolta prestazioni sessuali).

Il modesto controvalore delle contropartite è indicativo della facilità con cui talora viene svenduta la funzione pubblica ricoperta, specialmente nelle zone del Sud Italia, tale da aumentare e agevolare la capacità di penetrazione del malaffare nelle istituzioni pubbliche.

Una lotta continua – Nonostante i dati riportati nell’analisi, va ricordato che gli ingenti sforzi del sistema italiano e dell’ANAC degli ultimi decenni hanno permesso di ridurre notevolmente i fenomeni di corruzione pubblica rispetto ai primi anni Novanta, tanto da aver fatto guadagnare al Paese ben 19 posizioni rispetto al 2012 nelle classifiche di settore. L’Italia ha anche ottenuto il riconoscimento dello sforzo perpetuato da organismi internazionali come Onu, Ocse e Commissione Europea. 

Per combattere ulteriormente i fenomeni di corruzione nell’ambito degli appalti pubblici sarà comunque necessario intensificare gli sforzi preventivi, oltre che repressivi, del fenomeno, per esempio adottando nuove misure organizzative nel settore pubblico in tema di conflitti di interesse e di rotazione periodica del personale e prestando maggiore attenzione verso i meccanismi di deregulation di recente introdotti, nei confronti dei quali l’ANAC ha già manifestato perplessità.

Il Rapporto completo dell’ANAC è disponibile sul Sito ufficiale: http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/Comunicazione/News/_news?id=d92b7f9c0a778042565ef9095ee63e8d